Sono passati otto mesi da quando sono finite le ultime elezioni legislative in Iraq. Otto mesi e non c’è ancora l’ombra di un governo. Il paese versa nel caos ma la comunità internazionale sembra guardare altrove. La società civile chiama al ritorno immediato alla legittimità costituzionale. Scioperi, sit-in, appelli, raccolte di firme. Niente basta ad attirare l’attenzione su questo problema grave. Nel frattempo le vere negoziazioni sul futuro del paese si svolgono in segreto tra le varie potenze regionali ed internazionali.iraq-protestaLe liste vincitrici sono, in ordine : Lista Al Iraqia (considerata lista trasversale e laica – tendenza nazionalista araba), Lista “Stato di diritto” (del capo del governo uscente, Al Maliki – considerata la più “arabista” tra le correnti a prevalenza sciite), La lista “Coalizione Nazionale” (mista sciita – più vicina all’Iran) e la lista Alleanza per il Kurdistan (partiti Kurdi misti – laica e molto vicina alle scelte strategiche americane nella regione).

Ognuna di queste liste ha al suo interno almeno un gruppo dotato di milizia armata ed esercita un controllo militare e politico su qualche zona del paese. E praticamente nessuna ha interesse a ritornare ad una applicazione rigorosa della costituzione in quanto questo comporterebbe per loro una perdita di potere, almeno di quello militare, sulle zone finora controllate.

8 mesi che il paese è senza governo. 8 mesi che i servizi alla popolazione, già scarsi prima, stanno andando a rotolo. 8 mesi che chi ha il potere, di fatto, lo sta esercitando al di fuori di ogni legittimità costituzionale. 8 mesi che i partiti e forze armate delle varie coalizioni tentano di chiudere quei pochi spazi di libertà e di diritti rimasti ancora aperti: misure e decreti (anticostituzionali) di limitazione del diritto all’espressione e del diritto a manifestare. 8 mesi in cui giornalisti e difensori dei diritti umani sono stati molestati, arrestati e uccisi, anche nel “tranquillo” Kurdistan sotto controllo dei due partiti tradizionali Kurdi (PDK e PUK tanto amici dei “democratizzatori” occidentali). 8 mesi in cui il ministro dell’energia tenta di uccidere le giovani organizzazioni sindacali nell’uovo, invocando per impedire il loro impedimento niente meno che la legge per la lotta contro il terrorismo.

Tutto questo si svolge nel silenzio totale della stampa e della comunità internazionale. Chi ha sentito del fatto che l’Iraq è senza governo legittimo? Quale giornale ha raccontato gli abusi dei signori della guerra amici delle forze dell’occupazione?

Tra altro è ancora fresca la notizia dell’avvocato Ayad Muayyad Salih, membro di una associazione di difesa dei diritti umani, preso di mira dall’esercito ufficiale iracheno.

Muayyad Salih è membro della “Iraqi Institution for Development”, una ONG locale nel governato di Nineveh (Mossul) che lavora come volontario nella difesa dei diritti umani. Collabora con vari enti nazionali e internazionali tra cui l’ufficio delle Nazioni Unite in Iraq. Il sig. Salih era impegnato nella documentazione e raccolta di testimonianze sugli abusi commessi dall’esercito iracheno nella zona di Mossul. Due squadre militari sono arivate a casa sua e in quella del fratello, in due quartieri diversi della città di Mossul. Non trovandolo l’esercito ha arrestato il padre e il fratello, senza nessuna accusa ufficiale. La storia di Muayyad è una solo tra le numerose violazioni commesse dall’esercito e dai servizi di sicurezza iracheni.

Quale capo di governo ha espresso la sua preoccupazione per la deriva totalitaria in cui sta scivolando il paese con questo governo abusivo che aumenta il suo potere anche con la creazione di eserciti e forze speciali occulte? Di questo tema si era parlato un po’ dopo l’uccisione, quealche mese fa, del giornalista Imad Al ibadi, uno dei pochi che hanno osato denunciare il fatto inquietante che l’attuale primo ministro ha ripristinato a suo servizio, senza consultare il parlamento, tutti i corpi speciali di Saddam Hussein.

Quale istituzione internazionale ha espresso la sua solidarietà ai sindacati attaccati e repressi ovunque nel paese?

Chi c’era a fianco delle associazioni e della popolazione irachena che da mesi manifesta la sua rabbia e chiede un ritorno immediato alla legittimità costituzionale?

La risposta è: nessuno!

Oggi chi legge i giornali generalisti o guarda le tv del mondo sa tutto (dal punto di vista del dove, quando, come, ma non del perché) di ogni attentato, piccolo o grande che sia, nel paese. Ma non sa niente di tutto questo.

Ovviamente se da una parte non se ne parla pubblicamente, in privato c’è una attività intensissima di trattative più meno segrete.

La rete Laonf (non violenza: http://www.laonf.net/), nel mese di settembre, dopo una settimana intera di mobilitazioni in tutto il paese, nella sua dichiarazione finale, denuncia proprio questo: “il fatto che le trattative per la formazione del governo abbiano lasciato il loro luogo naturale (il parlamento) per svolgersi fuori dai confini iracheni in un gioco di potere tra potenze regionali e globali.”

La partita si gioca quindi tra Stati Uniti, Europa, Iran, Turchia e paesi arabi limitrofi. In mezzo ci sono equilibri regionali e internazionali; velleità di autonomia e altre di espansione; interessi delle multinazionali; attività di spionaggio governative e private, eserciti pubblici e privati, milizie, gruppi armati più o meno legali, terroristi locali e internazionali, mercenari di varia nazionalità, traffici di tutto quello che si può immaginare compresi gli esseri umani… etc. etc. etc.

Un miscuglio esplosivo che fa intravedere che, comunque vada a finire, non si sa chi sarà il vincitore, ma il perdente sarà sicuramente, come sempre, la popolazione civile.