Uno tsunami umano è atteso nelle piazze principali di tutte le città importanti in Algeria. La protesta che dura da 9 mesi, nonostante la repressione, l’isolamento e il vergognoso silenzio della stampa internazionale, con la data storica del 1 novembre prende un nuovo slancio.
Il primo novembre è la festa nazionale più importante per l’Algeria. Ricorda l’inizio della guerra di liberazione nazionale (per saperne di più leggere l’articolo dedicato a questo evento storico).
Questa festa è sempre stata festeggiata in pompa magna dai vari governi algerini: commemorazioni nei vari cimiteri dei martiri attraverso il paese, raduni di vecchi combattenti (veri e presunti), sfilate militari, feste, spettacoli…
Il regime algerino con le sue varie sfumature tira tutta la sua legalità da questo periodo storico. La versione ufficiale vuole che siano gli stessi partigiani del Fronte di Liberazione Nazionale, che dopo aver liberato il paese dall’oppressione straniera sono scesi dalle montagne e hanno preso il potere e lo tengono ancora fino ad oggi.
La verità è che a prendere il potere nel 1962, dopo il ritiro dell’esercito francese, fu un esercito entrato dai paesi vicini (Marocco e Tunisia), composto da giovani reclutati e addestrati nei campi profughi che si trovavano in questi paesi fratelli. Gli ufficiali di questo esercito, detto « Esercito delle frontiere », presero il potere disarmando, imprigionando e uccidendo qualche volta, i partigiani dell’interno, mal armati, mal nutriti e sfiniti da 7 anni di una guerra che fu feroce e fece centinaia di migliaia di morti.
Questo colpo di Stato fondò il regime militare che regna in Algeria sin dai primi anni 60’. Un regime che ha stretto il paese in una morsa fatta di manipolazioni, corruzione e di repressione feroce.
Dal 22 febbraio scorso il popolo algerino è in piedi contro questo regime. Il popolo si è alzato prima per dire no al 5° mandato dell’ex presidente Abdelaziz Bouteflika (Leggere gli articoli scritti all’inizio della protesta). Ma poi dopo le dimissioni di quest’ultimo, ormai vecchio e molto malato, il popolo non è rientrato a casa.
Da 9 mesi, ogni venerdì milioni di persone, uomini, donne, giovani e meno giovani, radunati in un largo movimento chiamato semplicemente «Hirak», cioè movimento, escono per le strade, ogni venerdì e anche altri giorni della settimana, per dire basta: « dovete andare via tutti», « Algeria Libera democratica », « Per uno Stato civile e non militare ».

La data del 1° novembre è di prima importanza sia per il regime che vuole usarla come sempre per legittimarsi, sia per la popolazione in rivolta che vuole riappropriarsi i simboli della lotta per l’indipendenza. Infatti ad ogni lotta, ogni insurrezione (numerose nella storia algerina, ma finora senza successo) gli algerini hanno ribadito la loro frustrazione per l’indipendenza sequestrata dai militari.
Lo scontro nelle ultime settimane è stato duro. decine di attivisti e di mediattivisti arrestati. Chiusura delle strade, chiusura di quasi tutti molti canali di comunicazione: Tv, siti internet, presenti sul territorio nazionale e anche alcuni che stanno all’estero.
E’ il caso del canale televisivo pro-Hirak Magharibiya Tv, che è stato costretto a trasmettere via Facebook e Youtube dopo le pressioni dello Stato algerino sull’operatore Eutel-Sat, che hanno portato alla loro esclusione dal satellite Nile-Sat.
Una vera guerra silenziosa che il popolo sta vivendo con la sua strategia nonviolenta. La forza pacifica dei milioni di persone che escono semplicemente di casa e occupano la strada è difficile da fermare.
Infatti in molte città, già dalla notte del 31 ottobre, c’é stata una vera e propria occupazione delle strade e dei luoghi tradizionalmente adibiti al mantenimento della memoria della rivoluzione. Cimiteri, monumenti, piazze simboliche… Una presenza pacifica, gioiosa, canti e slogan cantati all’unisono da migliaia e migliaia di voci.

Per la mattina del 1 si aspetta un vero e proprio tsunami in tutte le principali città algerine, così come i movimenti, i sindacati indipendenti, il hirak approfittano di questa grande mobilitazione per lanciare appelli a scioperi e azioni di disobbedienza civile.
9 mesi di lotta nell’isolamento quasi totale e uno strano blackout della stampa internazionale che ha relegato la lotta del popolo algerino alle notizie minori. Un silenzio che potrebbe forse essere spiegato con la nuova legge sugli idrocarburi adottata da un parlamento nell’illegalità più assoluta e che apre grande le porte alle multinazionali per lo sfruttamento selvaggio delle risorse energetiche del paese. Il blackout mediatico, la repressione, le manipolazioni, il tempo che scorre, non hanno ancora stancato tutto un popolo che sembra deciso a farla finita con un regime ladro e violento e che all’unisono sogna una nuova repubblica costruita sul diritto.
Aiutata dal calendario, anche la diaspora in Europa ha deciso di portare un suo contributo a questa grande mobilitazione. Ovviamente in Francia, a Parigi, dove gli Algerini sono a Milioni, ci si aspetta una manifestazione importante. In Italia invece dove gli Algerini sono poche migliaia, I cittadini algerini residenti nel Nord si danno appuntamento a Milano, Piazza Cordusio, alle 13.00 del venerdì 1 novembre 2019.
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