Oggi è un giorno un po’ così! Torino sembra un po’ più grigia del solito. Porta Palazzo si muove più lentamente e le sue facce sono chiuse. La gente si guarda con diffidenza. Nessuno si è mai fidato di nessuno a Porta Palazzo, ma questi giorni la diffidenza sembra stampata sulle facce.
Sotto la tettoia dei contadini il solito gruppo di romeni che ogni giorno si raggruppa per bere e chiacchierare sembra più numeroso del solito, ma anche anormalmente silenzioso. Si beve e si fuma di più ma si parla molto meno. C’è poco da dire.
Seduti in disparte ci sono Giovannin, Rafiq il poeta marocchino e Dumitru il gigante moldavo . Tutti e tre stanno attorno a Stefan il giovane musicista romeno che lavora come garzone presso la macelleria Dimmatteo, a due passi da lì. Stefan è giù di morale. Dice che non ci capisce più niente, che non sa come uno deve comportarsi. “Sono stanco di fare il bravo ragazzo, tutti i giorni! Di ammazzarmi al lavoro, tutti i giorni! Cercare di farmi voler bene… tutto per niente. Basta che un tuo connazionale qualunque faccia qualcosa di sbagliato e tutto parte in fumo. Bisogna ricostruire tutto. Riprendere tutto da capo.”
“Dai, Stefan! Guarda un po’ le cose dal loro lato positivo. Almeno stai meglio di me.” tentò Dumitru di scherzare, ” Perché tutti dicono che Romeno o Moldavo è la stessa cosa, quindi se siete voi nella merda, di sicuro ci siamo anche noi! Solo che noi non abbiamo tutte le facilità che avete voi, adesso che siete comunitari.” Ma in vano non riuscì ad ottenere un sorriso.
“Ho un amico Peruviano che dice sempre che un albero che cade fa più rumore di una foresta che cresce.” – disse Rafiq.
” Tu il poeta smettila con le tue metafore. Non siamo più nel mondo della poesia. Siamo in questo schifoso mondo reale.”
“ma non eri tu che mi spiegavi che voi, essendo di carnagione chiara e latini di cultura e adesso anche membri della comunità europea, avete tanta più facilità ad integrarvi in Italia.”
” È quello che ho creduto anch’io fino a questi giorni.”
“Non ti preoccupare, va! Lo sai benissimo che questi periodi vengono e vanno. Fra poco tempo vedrai che cambierà l’etnia pericolosa. Toccherà a noi o agli albanesi o ai cingalesi o non so io chi… “
“Vedi ragazzo mio,” -intervenne Giovannin per la prima volta, come al solito dopo aver ascoltato tutti – ” non è una questione di colore della pelle, né di religione, né di latinità o di ingresso nella comunità europea. È una questione di quanti soldi ti porti in tasca. Qualsiasi Giapponese o americano, con le tasche piene di bigliettoni è comunitario ovunque. Tu fin che sarai povero sarai extracomunitario ovunque. E fin che sarai un extra sei come tutti i nostri amici qua alla merce del primo giornale che vuole accrescere le sue vendite o del primo politico chi vuole vincere le prossime elezioni. Piuttosto apriamo una bottiglia di tuica e beviamo alla salute della nostra di comunità, quella dei poveri in questa terra!”