Un regime non tiene soltanto perché è violento o perché ha mezzi per corrompere. Molto spesso tiene perché la cultura della corruzione e della paura è diffusa su larga scala nella società in cui vige. Per diffondere la cultura della paura e della corruzione hanno al loro servizio tutto un esercito di piccoli schiavi sottomessi. Servi per vocazione che predicano la cultura della sottomissione e si danno da fare per impaurire chiunque non la pensa come i potenti.
Questi “Zii Tom” stanno anche in mezzo alle popolazioni immigrate da quei paesi martoriati dall’ingiustizia e dalla corruzione. E siccome le professionalità non vanno sprecate sono utili anche qua.
Qualche settimana fa, in una piccola cittadina del Piemonte, in uno dei vari incontri in cui sono invitato per parlare delle rivolte nordafricane, è successo un fatto interessante. Dopo aver fatto una panoramica della situazione, ho detto che tutti i regimi del sud del Mediterraneo, dall’Atlantico all’oceano indiano sono dittature, corrotte, violenti e da abbattere al più presto. Citando tra queste dittature ovviamente il regime Algerino, ma anche quello Marocchino. Durante il dibattito, un cittadino marocchino si è alzato e ha chiesto la parola per prendere le difese della monarchia marocchina, dicendo che se noi (c’era anche un cittadino tunisino sul palco) sparliamo del Marocco (facendo quell’amalgama tanto caro alle dittature, e ai despoti, che consiste nel dire che sparlare di un regime corrisponde a sparlare del popolo) perché siamo invidiosi, perché in realtà il Marocco è un paese veramente democratico, dove regna la libertà e la giustizia, contrariamente ai suoi vicini (sic). Andando fino a citare George Bush (grande riferimento) che avrebbe detto che tutto il mondo arabo dovrebbe imitare il Marocco…
E fin qua poteva anche essere un normale scambio di opinioni e di punti di vista. Solo che alla fine, il signore in compagnia di due suoi accoliti mi ha aspettato all’uscita per minacciarmi e insultarmi.
Devo dire che nonostante gli insulti e le minacce un po’ goffe (perché cane che morde non abbaia) il sentimento che mi ha invaso non era di rabbia o di paura, ma solo di pena. Una profonda pena nei confronti di tutti gli schiavi che fin dalla notte dell’umanità hanno fatto della loro condizione una vocazione. Schiavi fino al midollo. Schiavi che cantano le lodi del padrone e che tagliano la testa di chiunque tra i loro fratelli di condizione la vuole alzare.
Purtroppo, queste tristi figuri sono molto diffusi tra gli immigrati. Basta pensare a come i profughi eritrei sono regolarmente aggrediti verbalmente e qualche volta fisicamente dai loro connazionali immigrati di più lunga data. In realtà, se il dibattito si fosse svolto in Francia, gli energumeni che mi avrebbero minacciato potevano essere scagnozzi del consolato algerino, o di quello tunisino se il dibattito si fosse svolto qualche mese indietro…
I regimi del sud costringono, con l’ingiustizia sociale e la violenza, i loro cittadini più poveri a rischiare la propria vita per andare a cercarne una migliore altrove. Ma in realtà nemmeno in quel “altrove” li lasciano in pace. Li seguono con i loro cani da guardia, con le loro spie. Li inquadrano e giocano sulla paura, sulla disinformazione, sulla nostalgia e sulla diffusa idealizzazione della terra d’origine da parte dei migranti per continuare a controllarli e chiudere le loro bocche anche in esilio.
E quindi anche quelli che continuano a rendersi conto delle ingiustizie che li hanno costretti a partire, sono costretti a chiudere le loro bocche e a stare zitti. E quelli invece che vogliono farsi belli presso le autorità consolari siano gli unici a parlare ad alta voce, facendo credere che la loro opinione sia quella più condivisa.
Questo problema non sarebbe nemmeno tanto grave se queste spie non fossero molto spesso alla testa delle associazioni dette “di comunità”, portavoce autoproclamati di pseudo comunità algerine, tunisine, egiziane, senegalesi, cinesi, peruviane… E cosa ancora più grave è il fatto che spesso le autorità locali e il mondo dell’associazionismo sociale li sponsorizza e li porta ad essere visti e trattati come se veramente rappresentassero qualcosa tranne le loro piccole persone.
É vero che gli “Zii Tom”, o i “Beni Oui oui” come si chiamano da noi, non fanno comodo solo ai regimi dei paesi d’origine. Vanno bene anche qua.
Ti fanno fare la tua bella figura da buon amministratore progressista (anche la lega ne tiene qualcuno nella sua sacca, servono ad essere esibiti per smentire ogni accusa di razzismo). Non creano imbarazzo con le autorità dei paesi d’origine, anzi… E poi stanno buoni buoni. Non chiedono niente. Niente di molto impegnativo. Se gli chiedi di portare degli elettori per le primarie o per altro, loro lo fanno volentieri.
A loro basta apparire acanto al sindaco o all’assessore di turno e sono felici. Questo è sufficiente per dargli ulteriore autorevolezza presso i loro concittadini. Le loro agenzie di “servizi e disbrigo pratiche” (ufficiali o ufficiose) vanno a gonfie vele, si fanno pagare profumatamente per intermediazioni (vere o presunte) presso le amministrazioni locali e quelle consolari… Appaiono non solo ammanicati con il regime del paese d’origine ma anche con quello del paese ospitante. Chiudendo così i loro concittadini in una specie di coltre di paura.
A chi lo fa notare a queste amministrazioni, a queste associazioni, viene risposto, non senza un leggero sorriso e un occhiolino compiacente: «sai, “loro” sono abituati così».
Sciuut… Non disturbare. Gli “Zii Tom” vigilano sull’ordine e la quiete dei regimi … di qua e di là.