I popoli si stanno sollevando un po’ dappertutto. É colpa della crisi economica, dicono in molti. Ma questa crisi è quindi un male? Sta rovinando una situazione altrimenti buona? E se non fosse così? E se la crisi e le rivolte altro non sono che una occasione di uscire da una via senza sbocco?revoltePensando alla crisi, molti di noi la identificano come un male. Anzi, in questi tempi duri, molti vedono nella crisi il male dei mali. Ma, se ci pensiamo bene, così non è. La crisi non è una causa, è un effetto. Anzi è un segnale d’allarme. Quando un corpo è portatore di una malattia che lo trascina lentamente verso la morte, le crisi sono un segnale d’allarme. Sono le grida di un corpo che rifiuta di morire senza combattere. Così sono anche le crisi economiche globali e i loro effetti.

La crisi che sta colpendo il pianeta, in questi momenti, non è la genesi del male. Il male c’era prima e continua a esserci. Il male si chiama visione capitalista del mondo. Il male è quella concezione secondo la quale tutte le risorse naturali, energetiche, tutto il territorio, tutta l’acqua, tutti gli esseri viventi e tutti gli esseri umani sono al servizio esclusivo del profitto… di pochi.

Il male è una spirale infinita che spinge a produrre, consumare e sprecare sempre di più, perché altrimenti il sistema rischia il collasso. Ma se questo sistema non collassa sarà il pianeta a esplodere.

La crisi ha creato l’allarme e il corpo sta cercando di reagire. L’ondata di reazioni stanno sconvolgendo il mondo. I giovani sono già adesso i più castigati dalla saturazione di questo sistema. Erosione dei diritti, degradazione della qualità della vita, assenza di prospettive professionali, violenza, insicurezza. Il loro futuro si presenta ancora peggio. Ma ciò che rassicura rimane il fatto che non hanno perso la facoltà di ribellarsi e sognare. La spinta di libertà e la sete di giustizia rimane ancora viva nel cuore dei giovani nonostante la perdita di molti valori sociali, nonostante le Tv spazzatura, i modelli sbagliati, le paure e gli odi progettati a tavolino. Nonostante le dirigenze di questo mondo.

Il poeta algerino dice: «Il presente ha paura della rivoluzione, ma il futuro la chiama ad alta voce».

Quello che succede nelle strade del Cairo, di Tunisi, di Algeri, di Sanaa, quello che ieri succedeva ad Atene, a Roma… è solo il grido del futuro che non vuole più stare sotto il diktat di un passato, che ha reso malato il pianeta intero, ma non ne vuole sapere di andare via.

Si rischia di sbagliare strada? C’è paura del caos? Certo che sì! Ma chi non rischia niente non ottiene niente. E, diciamocelo, visto come sta andando questo nostro mondo:forse abbiamo molto meno da perdere, di quanto pensiamo.

«Se il popolo un giorno vorrà vivere,

allora il destino non potrà che seguire,

allora la notte non potrà che finire,

le catene non potranno che spezzarsi!»

Abu Alqasim Ashabbi – poeta rivoluzionario tunisino (1909-1934)