02/03/2004 – Attentati a Baghdad e Kerbala durante il giorno della Asciurà
Oggi è il giorno della Asciurà. L’Asciurà è una ricorrenza religiosa musulmana molto diffusa nel mondo islamico. Nella mia memoria è inseparabilmente legata all’Ahedur, una specie di pane senza lievito molto unto di olio d’oliva che le donne preparano, da noi in Cabilia, in quella occasione. È il giorno in cui ai bambini molto piccoli viene posto un ahedur sulla testa per proteggerli dal malocchio e dalle disgrazie. Mentre quelli già più grandicelli vanno in giro per le case dei parenti e dei vicini chiedendolo in regalo e cantando: “ a yema yema Acur, fkiyi cwit n uheddur. Ad am dyefk rebbi agdur, ad yeccebib ghef lehyudh am d izegwi abellud” (O madre madre Asciur, dammi un po’ di ahedur. Che dio ti dia un bel uomino, che salterà sui muri e farà cadere le ghiande).
L’Asciurà era anche, per le donne, un’occasione di avere un po’ di riposo. Ed era convinzione di tutti che le donne, intorno alla festa dell’Asciurà, dovessero evitare tutti i lavori pesanti, niente campi e, soprattutto, niente tessitura e cucito. Questi sono i miei ricordi su questa ricorrenza, di cui però non ho mai capito l’origine né il senso religioso. Perché non è tra le feste ufficiali dell’Islam sunnita. Per noi, in Cabilia, era un’occasione lieta di origine sconosciuta per la maggior parte delle persone. Mentre qui in Iraq e in tutto il mondo Sciita, è un giorno di lutto generale, un lutto che dura da più di tredici secoli.
L’Asciurà corrisponde (come indica il suo nome derivato da “a’sciara”, dieci in Arabo) al decimo giorno del mese di Moharram, primo mese del calendario musulmano. L’origine di questa festa risale circa al sessantasettesimo anno dopo l’Egira. In questo giorno ci fu l’uccisione di quello che gli sciiti considerano come il terzo dei dodici Imam supremi: l’Imam Hussein, figlio di Ali e nipote del profeta Mohammad. Da quel giorno il popolo degli oppressi durante il regno dei grandi imperi musulmani non smise di lamentarsi e di piangere la morte di quello che fu soprannominato “il padre di tutti i martiri”. Pochi anni dopo l’uccisione dell’Imam Ali, il venerato cugino del profeta e genero del profeta Muhammad, suo figlio Hussein, diventato anche lui un imam carismatico che voleva sollevare le masse per finirla con l’oppressione dell’impero Omeiade, fu ucciso con i suoi seguaci e tutta la sua famiglia, tranne un figlio, Ali, che diventò anche lui al suo turno Imam carismatico e guida suprema della nascente Scia.
La storia della Scia è piena di dolore, persecuzioni e di frustrazioni. Non hanno mai potuto onorare il lutto del loro Imam, Hussein, la cui testa fu portata a Damasco, divenuta poi capitale dell’Impero. Furono sempre perseguitati, fin dai primi imperi musulmani. Ormai la guida era uscita dalla casa del profeta e nessuna delle dinastie seguenti era pronta a restituirgliela. In Iraq, con l’avvento del regno di Saddam soprattutto, agli Sciiti fu impedito di praticare i loro rituali religiosi pubblici. Ogni forma di manifestazione pubblica di stampo sciita era proibita. Le spie del Baath erano dappertutto e ogni espressione sciita era sospetta di complicità con l’Iran o con le guide religiose rifugiate lì.
Oggi, per la prima volta da più di ventiquattro anni gli Sciiti iracheni possono finalmente esprimere pubblicamente i loro rituali religiosi. Allora, come succede sempre con le cose che sono state prima represse, è tutto in eccesso. Da giorni, la città di Baghdad è coperta di striscioni e di bandiere con scritte e slogan alla gloria di Hussein e di Ali, di messaggi di cordoglio e segni di lutto.
I rituali dell’Asciurà sono veramente quelli di un popolo intero che non ha mai potuto onorare il suo lutto per la morte di un essere amato. Le processioni sono simulacri di funerali. Per prime arrivano le autorità religiose, dignitari, saggi e anziani della comunità, poi seguono uomini e donne vestiti a lutto che camminano battendosi il petto con la mano destra al ritmo di una litania cantata… Una lunga lamentela. A seguire il ritmo della litania, recitata da uno o più cantanti e ritmata dal suono di vari tamburi e cimbali, vengono poi due file di uomini (giovani, medi e vecchi) che si frustano la schiena con sottili catene di metallo attaccate ad un manico di legno. Il loro sembra un passo di ballo. Un ballo tragico che va (nei casi estremi) fino al sangue e alla perdita di coscienza. Qualche volta fino alla morte.
Per le strade di Baghdad, altro luogo santo per la Scia per la presenza della moschea Kadhimia dov’è sepolto Kadhim, uno dei dodici supremi secondo la dottrina, i pellegrini arrivano da tutto il paese. Ma anche dalla Siria, dal Libano e soprattutto dal vicino Iran. Sui marciapiedi dei quartieri popolari le famiglie hanno disposto enormi pentoloni di ghisa nei quali cucinano la harissa, una specie di pappa a base di cereali e di ceci che distribuiscono a tutti i passanti e soprattutto ai pellegrini e alle famiglie povere. Questa mattina, ore 7.30, con alcuni amici italiani, siamo andati verso una zona periferica di Baghdad. Siamo ospiti di un giovane cheikho sciita per assistere ad una ricostruzione del martirio di Hussein e dei suoi.
Arriviamo in una zona circondata da acque putride e discariche selvagge a perdita d’occhio. Una periferia senza forma nè anima. Casette povere di mattoni giallastri senza rifinitura, strade polverose, fabbrichette, depositi di vendita di materiali di costruzione… sporcizia e povertà. La gente si è radunata lì, intorno ad un campo da calcio nudo e polveroso. Sono tanti. Uomini, donne, giovani e vecchi, gente di tutte le estrazioni. La maggior parte in piedi intorno al campo, altri sui terrazzi delle poche case attorno allo stadio, altri ancora sopra i tetti dei bus, dei camion, dei furgoni e dei tanti veicoli parcheggiati qua e là. La rappresentazione comincia. Le scene procedono sul campo mentre commenti parlati e cantati sono diffusi tramite la cattiva rete di sonorizzazione disposta intorno allo stadio. Da una parte, vestiti di rosso, alcuni attori impersonano l’esercito dell’impero Omeiade, con alla sua testa Omar Ibnu Saad, il governatore della regione della Kufa (sud di Baghdad) dell’epoca.
Dall’altra parte dello stadio un piccolo accampamento e un gruppo ridotto di uomini vestiti di bianco e alcuni di verde e di donne, bambini e bambine rappresentano il campo dell’Immam Hussein e i suoi. La folla segue la lotta eroica dei ribelli e il loro inevitabile massacro con trasporto.
Vedo, incredulo, intorno a me uomini, donne e bambini che piangono abbondamente, in silenzio o più spesso gridando il loro dolore ad ogni esecuzione di un personaggio amato… Piangono per crimini commessi 1300 anni fa. Alla scena finale dell’uccisione dell’Imam e della cattura delle donne e dei bambini, dopo la morte di tutti i guerrieri, il pubblico invade il terreno e vuole vendicare i suoi martiri. Il servizio d’ordine è quasi schiacciato. È costretto a mettere sotto sorveglianza armata gli attori in rosso e a sparare in aria per allontanare la folla. Qualche minuto di panico, ma tutto torna in ordine molto velocemente.
Noi siamo stati invitati a salire sul tetto di una casa privata. Siamo un po’ lontani, ma dominiamo la scena. Mentre siamo su, sentiamo un’esplosione. La gente si guarda un pochino intorno ma poi ritorna a fissare lo spettacolo. Le esplosioni, qui a Bagdhad, non impressionano nessuno… dopo vent’anni di guerre quasi ininterrotte, cosa volete che sia un botto in lontananza? Quando torniamo a Baghdad, un’amica, andata al quartiere degli ospedali, ci chiama dicendo che lì sta accadendo la fine del mondo.
Decine di morti e centinaia di feriti stanno arrivando dai luoghi santi di Al Kadhimia, dove sembra ci sia stata un’esplosione in mezzo alla folle dei fedeli. Apriamo la Tv, BBC world ci fa capire che gli attacchi erano due, quasi contemporanei, a Baghdad e a Kerbala. Esco dalla casa dei miei amici per andare a casa mia.
Aspettando un taxi scambio qualche parole con tre persone, sedute a chiacchierare vicino a me. Dicono che tutti gli attacchi sono sistematici sui luoghi dove ci sono raduni sciiti. Porto la discussione sui responsabili probabili. “Non possono essere iracheni!” è diventata la risposta più diffusa in questo momento in tutto il paese.
Mi ricordo l’epoca in cui iniziarono le violenze politiche in Algeria, anche noi cercavamo dei responsabili esterni: “sono Afghani, Sudanesi…” oppure, “qualcuno li ha sentiti parlare prima dell’attentato, parlavano una lingua sconosciuta”.
“Chi possono essere allora?” , chiedo io. “Gli americani!… o comunque mercenari al loro servizio e a quello del Mossad” risponde uno di loro, e gli altri scuotono la testa in segno di assenso, tirando nervosamente sulle loro sigarette. L’autista del taxi che mi riporta a casa dice esattamente le stesse cose. Dice anche che la gente ha chiesto l’allontanamento delle forze americane dai luoghi santi perché la folla era arrabbiata con loro.
Arrivato a casa ascolto la radio nazionale. Fa finta di niente, continua a diffondere canti religiosi. Sui canali satellitari arabi cominciano ad arrivare condanne dalle varie autorità civili e religiose del paese. Tutti comunque sono d’accordo sulla responsabilità delle forze d’occupazione. Tutti dicono che la violenza tra iracheni serve solo l’occupazione e la sua presenza prolungata.
L’Asciurà è giorno di lutto per tutti gli Sciiti del mondo. Un lutto per morti avvenute tredici secoli fa. Ma questa sera in Iraq, in Iran e in altre parti della regione, centinaia di famiglie aggiungeranno a questo lutto quello di un caro perso nella mattinata di oggi. Per il momento i riti, salvo qualche nervosismo subito dopo le esplosioni, cercano di proseguire tranquilli e non assumono nessuna forma di vendetta o di violenza. La maggior parte degli sciiti iracheni rimane attaccata all’Imam Sistani, suprema autorità religiosa in Iraq. Il discorso dell’Imam Sistani resta pacato e rassicurante, sia verso le forze d’occupazione sia verso le autorità provvisorie irachene e anche nei confronti delle altre forze politiche e dei vari gruppi religiosi e culturali che compongono l’Iraq di oggi.
Ma, già tra le fila dei giovani Sciiti, si profila l’ombra minacciosa di un movimento che si chiama “Esercito del Mahdi”. Al Mahdi è l’equivalente del Messia cristiano e ebraico che gli Sciiti identificano come l’ultimo dei dodici Imam supremi. L’Esercito del Mahdi è guidato da un giovane Imam dai discorsi incendiari, Muqtada Assadr, che per sola gloria ha quella di essere il figlio di Al Sadr, un autorevole leader sciita ucciso da Saddam.
È lì che aspetta la sua ora. gli Sciiti rimangono pacifici per il momento, ma ho paura, vedendo le decine (forse centinaia) di migliaia di giovani mobilitati come volontari per organizzare le celebrazioni, di un giorno in cui Muqtada Assadr o qualsiasi altro illuminato potrebbe trasformarli tutti in soldati del Mahdi.