Il percorso quasi senza errori e concluso con la vittoria suprema della Nazionale algerina al Campionato Africano delle Nazioni (CAN) è stato una vera ventata d’aria fresca sul movimento di protesta popolare algerino, messo alla prova dalla testardaggine del regime e dal caldo di questo mese di luglio infernale.
L’Algeria è campione d’Africa di Calcio, la sua nazionale era senza dubbio la più convincente e decisa di questo torneo continentale. Ma la ricerca di una soluzione per arrivare a uno Stato libero e democratico resta arrenata di fronte alle manovre di un regime furbo e sempre più violento.
Quando verso le 22:50 (ora del Cairo) del 19 luglio scorso, il Signore Alioum Alioum, arbitro camerunese della finale della CAN 2019, « Algeria – Senegal », fischia la fine della partita, ufficializzando la vittoria della nazionale algerina in questo torneo dove aveva fatto un percorso quasi senza errori, è tutta l’Algeria che esplode. Ma non è solo l’Algeria. La festa esplode anche in Francia, in Canada e in molti paesi arabi.
Quando Riad Mahrez, capitano dei Verdi, alza la coppa, quella vittoria sportiva era vissuta anche come una vittoria del Hirak, il movimento di protesta popolare che scuote l’Algeria dal 22 febbraio scorso.
Soprattutto quando si sa che al ritorno dalle ultime partecipazioni ai mondiali di calcio, la squadra nazionale aveva deluso i giovani algerini, lasciandosi strumentalizzare dal regime di Bouteflika.
Ma i giocatori dei “Fenek Verdi” sono per lo più giovani provenienti dalla diaspora in Europa. Erano in maggioranza giovanissimi e come la maggioranza dei calciatori del mondo, il loro livello culturale sfiora il pavimento. Quando sono stati invitati a fare il giro di Algeri su un autobus coperto con la gigantografia di Bouteflika, in piena campagna elettorale, loro salgono senza prosi domande e dichiarano a alla stampa di essere fieri dell’accoglienza riservata a loro dal Presidente.
Ma questa volta, anche loro si sono svegliati. Molti di loro hanno qualche anno e un bel po’ di esperienza in più. E poi lo spirito del Hirak è arrivato ovunque. E per la prima volta, merito dei social media, una protesta in corso nel paese ha impregnato anche la diaspora.
Arrivando in Egitto, i giocatori e l’allenatore fanno dichiarazioni favorevoli alla lotta del popolo. E si registrano mentre cantano i canti della protesta e dicono in coro «Yetnehaw ga’» (Li toglieremo tutti). Questo è stato per un popolo già molto innamorato della sua Nazionale come un nuovo colpo di fulmine.
La vittoria alla Can è venuta di Venerdì. E il venerdì 19 luglio corrispondeva al 22esimo venerdì di proteste in Algeria. Oggi Venerdì 26 è il 23 esimo. E nonostante l’onda di caldo eccezionale e la repressione crescente, le strade di Algeri e di tutte le altre città algerine si riempiono sin dal mattino.
Ogni venerdì da 5 mesi tutti escono per strada. E vari giorni alla settimana ci sono le manifestazioni degli studenti e di quelle di altre categorie. Il paese è in stato di ebollizione. MA la vittoria in questa partita in gioco rimane ancora lontana.
Il paese continua a essere gestito da un governo provvisorio nominato fuori da qualsiasi legittimità costituzionale, continuano le operazioni «anticorruzione», che hanno portato all’arresto di vari politici, imprenditori e militari. E che l’opposizione descrive come una specie di purga molto selettiva che serve principalmente a buttare polvere agli occhi del popolo e a creare il vuoto intorno al nuovo uomo forte: il Generale Maggiore Salah Gaid.
Ma in carcere non finiscono solo uomini d’affari, militari e politici corrotti, sono sempre più numerosi i manifestanti arrestati per aver esibito l’emblema del popolo amazigh (ovvero berbero). Una bandiera riconosciuta da tutte le popolazioni amazigh del Nord Africa dalla Libia alle Isole Canarie. Una trentina di manifestanti arrestati dopo che il generalissimo ha dichiarato illegale la bandiera (senza nessun riferimento giuridico) in un tentativo di dividere le folle cercando di suscitare scontri tra estremisti arabi e berberi. Il tentativo è fallito miseramente perché a parte la trentina di manifestanti arrestati e che i giudici non sanno su quale base giuridica giustificare il loro arresto, in piazza scontri non ci sono stati. Anzi c’è una solidarietà diffusa e trasversale con i detenuti di opinione. Come lo dimostra questa campagna di raccolta firme che è stata pubblicata ultimamente anche in lingua italiana.
(Leggere l’appello su Pressenza)

Altro prigioniero di opinione è Lakhdar Bouregaa. Arrestato il 29 giugno scorso, Bouregaa detto commandante Bouregaa è un veterano della lotta per l’indipendenza. Un partigiano vero, di quelli che hanno combattuto dall’inizio alla fine e che, quando i militari sono entrati dai paesi vicini per prendere il potere, non si è arreso, non ha mai venduto la sua dignità in cambio di titoli, beni o privilegi. Il vecchio commandante è stato arrestato perché avrebbe «diffamato l’istituzione militare», dicendo che dal 1962 l’Esercito Nazionale Popolare algerino è stato usato come una milizia privata per proteggere la casta al potere. Non è niente di molto scandaloso. Non è il primo a dirlo. Anche perché è vero. Ma il fatto è che Bouragaa è una figura storica rimasto senza macchie, uno dei pochi ancora vivi e in buona salute. Il Generale ci vede un possibile nome sul quale potrebbe mettersi d’accordo l’opposizione per garantire una fase di transizione trasparente e aperta a tutti. E quindi: dentro anche lui.

A livello di soluzione, la fase di dialogo è ancora embrionale, la stessa opposizione che ha fatto alcuni timidi tentativi per una iniziativa di larga concertazione è ormai divisa in due grandi gruppi, che possiamo chiamare genericamente i «progressisti » di Le Forze dell’Alternativa Democratica e i «conservatori» del Forum civile per il Cambiamento.
Nel primo si trova quello che rimane della sinistra algerina, i partiti liberali e laici, la Lega di Difesa dei Diritti Umani e alcune associazioni e organizzazioni per la difesa dei diritti e delle libertà collettivi e individuali. Nell’altro raduno si trovano i partiti islamisti «moderati», alcune personalità diventate marginali in seno ai partiti al Governo Fln e Rnd. Partiti a matrice nazionalista araba… e varie associazioni e organizzazioni della stessa sfera politica.
Le forze dell’alternativa chiedono un percorso di transizione vero e proprio con assemblea costituente e riscritta della costituzione. Il Forum civile ha una roadmap abbastanza simile alle proposte del governo provvisorio. Organizzazione di elezioni presidenziali entro l’anno prossimo. L’unica divergenza è sulle figure politiche che garantiranno la presunta trasparenza e democraticità di tali elezioni.
il governo da parte sua si dichiara pronto al dialogo e dice di cercare vie legali per liberare i detenuti. Come se ci fosse bisogno di un testo particolare per liberare chi è innocente. E propone un panne di 13 personalità « pulite » per monitorare il dialogo nazionale. L’unico rifiuto netto è per la fase transitoria e la riscrittura della costituzione che porterebbe, secondo il Presidente per interim, a fragilizzare il paese in un momento di grandi pericoli a livello internazionale.
La piazza ha già risposto a queste proposte. Le manifestazioni non diminuiscono di intensità. La gente è più decisa che mai. E siccome il governo attuale usa la demagogia del nazionalismo a oltranza e fa finta di fare guerra all’influenza culturale francese in Algeria, il ministro dell’Università ha intimato ai rettori l’ordine di cambiare la carta intestata delle loro istituzioni da arabo e france a arabo e inglese. E il Ministro dell’Educazione nazionale (provvisorio) dichiara l’intenzione di sostituire a scuola il Francese con l’Inglese. Cosa assolutamente assurda vista l’assenza quasi totale di competenze in materia nel paese. Già l’arabo e il Francese sono molto mal insegnati, figuriamoci l’Inglese. I manifestanti nella loro instancabile creatività rispondo con questo cartello: In English off-course!
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