Il Ramadan non è un piatto tipico. Non è nemmeno un tipo di cibo. E’ un mese del calendario musulmano. Un mese che dovrebbe essere dedicato alla sobrietà, alla spiritualità e alla purificazione del corpo e dell’anima.

Durante il Ramadan, chi è credente, dovrebbe digiunare dall’alba al tramonto. Digiunare vuol dire astenersi dal mangiare, dal bere, fumare, dai rapporti sessuali e da ogni atto o pensiero “impuro”. Almeno questa sarebbe la versione ufficiale. Ma la realtà è tutt’altra e questo lo vedremo più avanti.

Non praticare il digiuno è chiamato “mangiare il Ramadan” nei dialetti Nord Africani. “Wakkal Ramdan”, mangiatore di Ramadan, è un insulto abbastanza grave in molti ambienti. Io invece il Ramadan lo mangio. Sono un “Wakkal Ramdan” dichiarato e abbastanza orgoglioso. E per fortuna non sono l’unico.

Ma chi lo è in terra Nord Africana in questi momenti se la passa brutta. E’ in solidarietà con chi in Tunisia, Algeria e Marocco lotta per il diritto di coscienza e la libertà di pensiero che scrivo questo pezzo. 

 

Giovani musulmani europei e libertà di coscienza

Nella seconda domenica del mese di Ramadan, a Torino si è svolta una grande operazione “Moschee aperte”. Le sale di preghiera di tutti i quartieri di Torino si sono aperte al pubblico che è stato accolto con visite guidate, discussioni… E per finire, il clou del pomeriggio: “iftar in strada”. Una gigantesca cerimonia di condivisione del pasto della rottura del digiuno. Una lodevole iniziativa nel segno della convivenza pacifica e del superamento delle paure e delle diffidenze.

Molti giovani musulmani italiani di origini varie si sono coinvolti in queste attività di condivisione, ma anche di rivendicazione di un diritto, quello della libertà di coscienza e di culto. E’ bello rivendicare il proprio diritto alla libertà e alla differenza.

Iftar nelle strade di Torino.  Foto: dal profilo Fb di A. Amajou.

 

Nel frattempo in Nord Africa…

Nello stesso tempo in Nord Africa, come ad ogni mese di Ramadan, da un po’ di anni in qua, si è aperta la lotta dei non credenti per la fine dell’oppressione delle leggi e soprattutto delle pratiche sociali imposte dai credenti (o presunti tali) in materia di repressione di ogni segno di libertà di coscienza e di credo e non credo.

Qualche anno fa, avevo scritto questo pezzo (Per una manciata di cuscus!su due uomini arrestati in Algeria perché pranzavano in privato durante il mese di Ramadan, e della mobilitazione straordinaria (e per fortuna vittoriosa) che c’è stata davanti al tribunale per la loro liberazione.

In Algeria non esiste nessuna legge che vieti o punisca la rottura del digiuno. I giudici per condannare i non-digiunanti usano un articolo del codice penale che sanziona l’offesa pubblica alla religione del popolo.

In Marocco invece sì. Esistono proprio articoli del Codice penale che sanzionano il non rispetto di alcuni precetti dell’Islam (principalmente l’adulterio, il consumo di alcolici e il non-digiuno). Ma anche in Marocco ci sono mobilitazioni per chiedere l’abrogazione di tali leggi e la repressione dei pestaggi ai danni dei non-digiunatori diventati negli ultimi anni una consolidata pratica sociale.

In Tunisia, le cose sono diverse. La legge garantisce chiaramente la libertà di non pratica religiosa e i locali (bar, ristoranti e caffè) che vogliono aprire sono liberi di farlo. Ma la pressione sociale fa sì che i pochi che hanno il coraggio di aprire sono in genere quelli del centro delle grandi città, iper protetti, ma anche lì lo fanno con finestre oscurate e buttafuori alle porte per impedire eventuali incursioni di fanatici.

E’ chiaro che il semplice fatto di prendere un caffè la mattina, pranzare o bere un goccio d’acqua quando si ha sete, diventa per chi non pratica il digiuno un vero calvario. Anche per chi non lo fa per motivi di salute. Infatti la stampa Nordafricana ha segnalato vari casi di persone che per motivi di salute sono costrette a bere durante le roventi giornate dei Ramadan degli ultimi anni e che sono aggredite da gruppi di persone inferocite per quello che descrivono come un offesa grave alla loro fede.

Nella video sotto, Un coraggioso medico credente e praticante, denuncia l’aggressione di un suo paziente diabetico visto bere un sorso di acqua. E ne approffita per denunciare la legge che punisce i non-digiunatori.

Negli ultimi giorni, in Marocco sempre, è la storia di questa ragazza circolata sulla rete che ha creato un’onda di emozione e che ha dimostrato quanto è stupida la folla che si erige in guardiana della morale religiosa.

Lei è una ricercatrice universitaria che si sposta nei villaggi isolati per fare delle interviste. Come modo di trasporto usa quelli che si chiamano Taxi-clandestini. Disoccupati senza licenza che usano la propria macchina come taxi. Vista in piena campagna sola con un uomo, un gruppo di cittadini “benpensanti” ha concluso che si sono appartati per fare sesso. Chi è in malafede crede sempre che tutti lo siano. Il gruppo si è improvvisato subito polizia del buon costume e guardiani della fede e hanno pestato la “coppia” di malcapitati. E siccome siamo in tempi di Cyber-bigottismo, qualcuno del gruppo ha anche filmato il pestaggio e lo ha messo sulla rete per mostrare quanto sono credenti e gelosi della loro fede nella sua piccola borgata sperduta.

Episodi del genere sono all’ordine del giorno, tutti i giorni attraverso l’immenso territorio nordafricano. Si può rubare, mentire, praticare la corruzione, sfruttare la gente in modo disumano, essere violenti, sporchi… ma il Ramadan no. Bisogna farlo o almeno far finta di farlo.  Allora la maggioranza lo fa o fa finta di farlo.

Il comico algerino, Mohammed Fellag, faceva dire a uno dei suoi personaggi: “Il Ramadan è il mese in cui i musulmani possono mangiare e bere ma solo di nascosto”.

Infatti, io credo, e non sono solo a crederlo, siano di più quelli che fanno finta di farlo di quelli che lo fanno veramente e per convinzione.

Mohammed Fellag – Bled Runner © Denis Rouvre

Mi ricordo all’università quando avevamo organizzato un gruppo di non-digiunatori per fare un picnic in un angolo appartato del campus. Molti dopo aver fatto finta di essere scandalizzati, sono venuti di nascosto per chiedere di poter mangiare o bere con noi.

Mi ricordo di un volo Tunisi – Algeri, all’inizio degli anni 90. quando il Fronte Islamico della Salvezza (FIS) aveva vinto la maggioranza assoluta al parlamento, e che l’Algeria era ufficialmente il paese più integralista del Nordafrica. Tornavamo, con un amico, da un breve soggiorno in Tunisia, nell’ultimo giorno di Ramadan. L’aereo era pieno perché l’indomani era festa. L’hostess passa con il carrello delle bevande ma non si ferma. E’ convinta che nessuno avrebbe osato chiedere da bere o da mangiare. Quando arriva al nostro livello, il mio amico la ferma e tutti e due chiediamo qualcosa da bere. Lei fa finta di cadere dalle nuvole, ma poi fa quello che deve fare. Quando gli altri passeggeri vedono che noi abbiamo osato, allora è tutto l’aereo che la chiama: “Signorina di qua, signorina di là. Ma da noi perché non si è fermata, ma ci siamo anche noi…”  Più della metà dei passeggeri ha bevuto qualcosa. E quelli erano solo quelli che hanno osato manifestarsi. Per lo più maschi. Molte donne si sono astenute. Perché come tutti i peccati, nella nostra società, quello di non digiunare, se commesso da una donna è ancora più peccato.

 

Le mobilitazioni per la libertà

Quest’anno, in Tunisia, che rimane sempre all’avanguardia, ci sono state mobilitazioni dei non-digiunatori, che chiedevano rispetto della dignità e della libertà di coscienza. In Marocco anche. Vedere il video delle proteste in Tunisia, qui sotto.

Ibtissam Lachgar, attivista marocchina del Movimento per Libertà Individuali, ha dichiarato pubblicamente: “Io sono cittadina marocchina e vivo nel mio paese. Ma il mio paese mi impone ingiustamente delle leggi e delle norme che sono dettate non da una legge civile ma dalla religione musulmana. E quindi non rispetta la mia libertà.”

https://www.facebook.com/plugins/video.php?href=https%3A%2F%2Fwww.facebook.com%2Fonefamliyforeve%2Fvideos%2F1676588532388851%2F&show_text=0&width=560

Il suo intervento ha suscitato scalpore mediatico e ha creato un grande dibattito. Tra chi la invita, gentilmente, a lasciare il paese e chi chiama a linciarla, le voci più moderate tra i musulmani sono quelle che le ricordano che in ogni paese è la maggioranza che detta le leggi, e che lei quindi non ha altra scelta che di conformarsi e rispettare le leggi vigenti. Questo è il livello del dibattito nei nostri paesi. Purtroppo.

 

Ma cosa ne pensano i giovani che vivono qui?

Per fortuna i figli della diaspora sono molto diversi tra di loro. Ci sono quelli che cercano di mimetizzarsi nell’ambiente e vivono come i loro coetanei italiani. Alcuni sono nei movimenti giovanili, nei centri sociali, nelle lotte studentesche. Altri semplicemente seguono la corrente maggioritaria dei consumatori passivi. Ma quelli che hanno più visibilità, sono sempre quelli organizzati intorno alle moschee. Vuoi per l’esposizione mediatica, vuoi per il fatto che le amministrazioni pubbliche e la politica li ha scelti come interlocutori a nome di tutta la diaspora.

Qualche volta ci ho provato a chiedere anche ai giovani che in Europa agiscono per il rispetto del diritto di culto dei musulmani, cosa pensano di chi nei paesi d’origine fa queste lotte. E perché non hanno mai espresso solidarietà con chi chiede la libertà di coscienza nei loro paesi d’origine.

Ovviamente, non l’ho chiesto ai giovani integralisti dichiarati e visibili, tipo “Burqa, barbalunga, tunica e Nike“. Con loro c’è poco da discutere. Ho parlato spesso con quelli tipo “foulard colorato e barba corta”, che sono comunque affiliati o vicini a correnti dell’Islam politico. Nel rispondere si esprimono usando le parole esatte della versione ufficiale dei movimenti ai quali fanno riferimento (fratelli musulmani egiziani, Pjd marocchino, Nahda tunisino, etc…). Parole che fanno appello alla sensibilità dei credenti che non deve essere urtata. Senza poi spiegarmi come un panino o un bicchiere d’acqua assunto da un non credente possa disturbare la sensibilità di un credente. La vecchia storia dei vizi privati e virtù pubbliche. Non è vietato essere non-credente, basta non dirlo e non fare niente che lo dimostri. In pubblico deve prevalere l’apparenza di uniformità.

La seconda tipologia di risposta che mi viene fatta, arriva da quella porzione di giovani di origine musulmana che gira nell’area politica che possiamo collocare tra la vecchia democrazia cristiana e il Pd attuale. Gli chiamo i “giovani musulmani tailleur, giacca e cravatta”. Quelli hanno un’altra tipologia di risposta: “Noi siamo musulmani europei. Ci occupiamo di quello che succede nel paese e nel continente dove viviamo.” Già un po’ più interessante come risposta. Fortunatamente, però, una opinioni su questioni come la Palestina o il massacro dei Rohingia in Birmania ce l’hanno. Anche se non si trovano in Europa.

La lotta per i diritti e le libertà può chiamarsi così solo se è universale. Se le libertà e i diritti sono per tutti. I diritti li chiedo per me ma anche per chi è diverso da me. Altrimenti è solo vittimismo e comunitarismo. E i vittimismi e i comunitarismi sono l’anticamera dei fascismi. Questo sia i giovani che si identificano come musulmani, sia chi dialoga e interagisce con loro, lo dovrebbe tenere sempre d’occhio. Essere minoranza non è una scusa per essere autorizzati ad essere razzisti o intolleranti verso i diversi.

 

Per tornare al Ramadan come piatto prelibato

È crescendo in questa atmosfera di bigottismo e di ipocrisia religiosa, che quando ero piccolo non era molto forte, ma mano a mano che crescevo diventava sempre più insopportabile, che ho contratto una vera fobia per il mese di Ramadan. (leggere questo post -Un fine Ramadan da miscredente- in cui raccontavo perchè chi non digiuna è più contento della fine del Ramadan di chi lo fa.)

Non vado mai in Algeria nel mese di Ramadan. Sono ormai 20 anni che, se posso, evito i paesi musulmani durante quel periodo.

Cheikh Chamseddine, detto “Chaso”. Predicatore stravagante della tv privata Ennahar.

Immaginate un attimo la frenesia consumistica di natale. Ce l’avete presente? Allora moltiplicatela per 30 giorni, aggiungeteci l’esaltazione delle forme esterne di religiosità, più la violenza verso chi non è credente o praticante.  Aggiungeteci un paese che si ferma perché la scusa del digiuno è buona per non fare nulla, più la gente che diventa aggressiva, perché la stessa scusa vale anche per mostrare aggressività. Lo spreco, il caro vita e una infinità di problemi che non sto qui a raccontare tutti… Eccovi il quadro del mese sacro nelle nostre terre, oggi.

E alla sera, in tv, ti becchi pure i predicatori ogni maledetto giorno, che ti spiegano perché Ramadan è il mese della pace e della misericordia.

Sin da piccolo ho cominciato a non volerlo fare. Nella mia famiglia era facile. Mio nonno e tutti i suoi figli erano non-credenti. Ma fuori era una lotta continua. Non sempre serve o si può far vedere. Non ho mai fatto nell’esibizionismo. Ma ho tenuto a non farlo per principio.

Alcuni miei fratelli, cugini e amici per giustificare il fatto di farlo anche se non ci credono, dicono: “Ma intanto non è possibile mangiare quindi meglio farlo”. Altri: “E’ una occasione per fare dieta”. Io rispondevo e rispondo tutt’ora: Se non puoi mangiare, non mangiare. Ma puoi bere un bicchiere di acqua, ogni tanto. Perché non bere acqua per tutto il giorno non fa parte di nessun tipo di dieta. Oppure puoi, se vuoi, romperlo anche con il pensiero, dicendo semplicemente: Io non digiuno! Puoi non arrenderti. Rimanere libero almeno nella testa. E dire sempre, quando si può, quando sei di fronte a gente in grado di ascoltare, che non lo fai e perché non lo fai, e perché è ingiusto obbligare la gente a farlo o a nascondersi per mangiare.

Da noi, non digiunare si dice “mangiare il Ramadan” . Gli attivisti marocchini contro l’obbligo di digiunare avevano scritto un po’ dappertutto, con orgoglio: Noi siamowakkalin Ramdan”, mangiatori di Ramadan. E io lo dico qui. “Sono un Wakkal ramdan!” E ne vado abbastanza fiero.

Ecco perché a me il Ramadan è il mio piatto preferito. E’ l’unico “cibo” che, per un mese all’anno, mangio tutti i giorni e varie volte al giorno. Lo mangio crudo o cotto ma sempre volentieri e me lo bevo pure. E se qualcuno non è contento, il problema è tutto suo!