Bechar, Algeria, Venerdì, 25 marzo, centinaia di persone sono scese in piazza a caccia di migranti sub-sahariani. Un centinaio i feriti e gli altri hanno dovuto lasciare la città.

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Bechar è una città media algerina. Si trova a 950 km a sud ovest della capitale Algeri. La regione è a vocazione agricola ma è anche un importante crocevia per diversi tipi di traffici legali e illegali tra l’Algeria, il Marocco e i paesi sub-sahariani. A Bechar e dintorni girano tanti soldi e si costruisce tanto. Per lavorare sia nell’agricoltura che nei cantieri edili molti migranti sub-sahariani sono arrivati e si sono stabiliti da anni nella località.

Il lavoro non manca, ma la paga è spesso bassa e le condizioni di vita molto difficili. Uno scenario che conosciamo bene in Italia: capannoni, autorimesse, edifici abbandonati, senza elettricità né acqua che danno rifugio ai migranti.

Negli ultimi anni il rapporto con la popolazione è peggiorato sempre di più. Venerdì 25 Marzo, dopo la preghiera di mezza giornata, decine di persone hanno attaccato un vecchio mercato frequentato da migranti africani. La folla ha assalito tutti i migranti che ha incontrato e saccheggiato e dato fuoco alle loro precarie abitazioni.

Le cause di questa violenza non sono ancora state chiarite e come in altri casi non lo saranno probabilmente mai. La gente del luogo parla di una tentata aggressione su una bambina da parte di due migranti. Ma l’informazione non è stata confermata da nessuna fonte giudiziaria o di sicurezza e sarebbe una pura invenzione, secondo il quotidiano algerino El-Watan. I migranti dalla loro parte hanno detto che la polizia non ha fatto nulla per proteggerli e li ha lasciati in pasto alla folla inferocita. (video)

La Lega algerina per i diritti umani si é dichiarata molto preoccupata e ha denunciato l’aumento del razzismo e della xenofobia in Algeria. Infatti oltre alle discriminazioni e umiliazioni quotidiane, diverse città hanno conosciuto simili aggressioni collettive contro i migranti negli ultimi mesi. Da parte sua, il governo non fa che alternare fasi di passività assoluta con campagne di repressione e di deportazioni di massa verso i confini sud.