Il primo marzo tanti italiani e immigrati si sveglieranno antirazzisti. Qualcuno (pochissimi) deciderà di non andare al lavoro per partecipare alle numerose proposte che ci sono in città. Qualcuno il lavoro non ce l’ha più, o non l’ha mai veramente avuto e allora ci va perché non ha altro da fare. Qualcun altro è un lavoratore “flessibile” che guadagna una miseria con un contrattino che non va oltre pochi mesi, ma che in compenso (teoricamente) non è legato ad orari fissi e quindi quel giorno deciderà di usare qualche ora per andarci. Tutti andranno a protestare contro il razzismo, le discriminazioni e il clima di paura e di odio imposto dall’alto da una classe politica che non sa cosa inventare per far dimenticare la sua incapacità. Il primo marzo ci si sveglierà antirazzisti e decisi a farsi sentire. Chi andrà al lavoro con una coccarda gialla o con una fascia gialla intorno al braccio. Chi farà qualche azione dimostrativa in città. Chi andrà in giro distribuendo volantini e cercando di parlare con la gente. Chi andrà a un presidio, chi a un concerto, chi a una conferenza e chi a una performance artistica.
In realtà il primo marzo di quest’anno nasce in Francia. Dopo una dichiarazione razzista del ministro degli interni, alcune organizzazioni hanno lanciato l’appello per un giorno senza immigrati, riprendendo una idea che era nata qualche anno fa negli Stati uniti. In Italia tanti si sono chiesti se fosse fattibile una cosa del genere. Qualcuno, timidamente, ha risposto «perché no». Poi, all’improvviso appare una pagina su Facebook: «Primo marzo 2010 sciopero degli stranieri». La pagina è lanciata da quattro donne. Non sono conosciute: né politiche, né sindacaliste. Ma proprio per quello il successo è immediato. La pagina supera molto velocemente la decina di migliaia di membri (oggi ne conta 46.992). Dal virtuale cominciano a formarsi comitati locali “veri”. Oggi ci sono comitati in quasi tutta Italia. Partiti politici, sindacati (anche se pochi hanno dato copertura sindacale allo sciopero), associazioni, organizzazioni, ong, reti, collettivi e personalità raggiungono l’appello in massa. In realtà i primi ad accorgersi del comitato primo marzo sono i media. Ben prima dell’adesione delle grandi organizzazioni, le promotrici della pagina sono intervistate da vari mezzi d’informazione.
Non si capisce da dove deriva questo interesse nei confronti di un movimento nato su Facebook.
Perché non comincia tutto con il primo marzo. Sul tema della lotta contro il razzismo, contro le discriminazioni e contro le nuove schiavitù ci sono movimenti che lavorano da anni. Perché c’è un movimento autonomo di immigrati che si sta organizzando da anni e che dopo i fatti di Castelvolturno ha preso slancio e vigore fino a riuscire a convocare per il 17 ottobre 2009 una grandiosa manifestazione contro il razzismo. La prima nella storia d’Italia convocata e organizzata da (e non per) gli immigrati. Ma i giornalisti hanno intervistato Ferrero, Vendola, Franceschini, Epifani, Beni… e se ne sono andati. Gli immigrati anonimi, il cuore pulsante del corteo, erano per loro invisibili. E così hanno perso l’occasione di raccontare una cosa nuova.
Il movimento nato dai collettivi e comitati di immigrati continua il suo lavoro con calma e pazienza, lontano dagli occhi dei media. Il suo prossimo traguardo è un Congresso nazionale degli immigrati previsto per il mese di aprile 2010. Questo movimento ha aderito al primo marzo. Perché crede nelle sinergie e non si vuole rinchiudere. Ha aderito perché crede che il primo marzo è un evento mediatico e quindi ha deciso di non lasciarlo a quelli che sono antirazzisti all’opposizione ma che quando sono al potere inventano e gestiscono i lager per migranti e legano per sempre il nostro destino al contratto di lavoro. Ha aderito per ricordare agli “antirazzisti occasionali”, uomini e donne, italiani e immigrati, studenti e lavoratori, giovani e meno giovani, che il primo marzo passerà. Passerà probabilmente bene. Ci incontreremo, faremo tante cose interessanti, scambieremo tanti discorsi belli. Ci conteremo per vedere quanti siamo e poi torneremo a casa soddisfatti. L’animo in pace. Ma il giorno dopo ci sveglieremo in un paese dove niente è cambiato. Il vero risultato della giornata dipenderà da quanti il 2 marzo si sveglieranno con l’intenzione di continuare la lotta. Ed è a quelli che i movimenti autonomi di immigrati danno appuntamento. Buon primo marzo. Ci vediamo il 2.
Articolo pubblicato su Il Manifesto del 28/02/2010